
La "Nuova Cementeria di Scala di Giocca"
La Nuova Cementeria di Scala di Giocca, costruita nel 1956, nacque per rispondere alla crescente domanda di leganti idraulici durante la grande stagione delle opere pubbliche che interessò la Sardegna in quegli anni. La Società Cementerie di Sardegna decise di realizzare un polo produttivo con una capacità annua di circa 1.200.000 quintali.
La scelta dell'ubicazione nella piana di Scala di Giocca fu strategica: la vicinanza alla cava del massiccio di Canechervu garantiva la disponibilità immediata di materia prima, mentre la prossimità alla stazione ferroviaria Scala di Giocca, sulla linea Chilvani-Sassari, e alla Strada Statale 131 facilitava la distribuzione del cemento. Il nuovo stabilimento contribuì a colmare le difficoltà di approvvigionamento nel nord della Sardegna, in particolare nella città di Sassari.
L'ascesa e il declino del cementificio
L'iniziativa fu accolta con entusiasmo dalla popolazione e portò a numerose assunzioni, alleviando temporaneamente il problema della disoccupazione. Molti emigrati fecero ritorno sperando in un impiego stabile, ma le loro aspettative furono presto deluse.
A partire dagli anni '70, iniziarono le prime difficoltà per l'industria del cemento, con la prospettiva di chiusura dello stabilimento. Uno dei problemi principali fu quello dell'approvvigionamento idrico industriale, che comprometteva la produzione. Negli anni '80, il cementificio entrò in una fase di ristrutturazione, culminando con la definitiva cessazione dell’attività produttiva. Oggi, rimane operativo solo il settore commerciale.
Lo stabilimento e il ciclo produttivo
Il progetto della cementeria fu sviluppato secondo le più avanzate conoscenze tecniche dell’epoca, sia per quanto riguarda gli impianti e le macchine, sia per le condizioni ambientali di lavoro.
L’area occupata dallo stabilimento si estende per 80.000 mq, includendo raccordi ferroviari e stradali. Le case dei dipendenti, con relative pertinenze, coprono 6.000 mq.
Il ciclo produttivo si basava sul procedimento a via umida, suddiviso in diverse fasi:
- Estrazione della roccia con perforatrici ad aria compressa.
- Frantumazione in due stadi, con vagliatura per la selezione granulometrica.
- Trasporto dei materiali tramite nastri e automezzi ribaltabili.
- Macinazione nei molini tubolari rotanti con grande quantità d’acqua.
- Miscelazione in vasche per ottenere la corretta composizione chimica.
- Cottura nel forno rotante per la produzione del clinker.
- Macinazione del clinker per preparare i diversi tipi di cemento.
- Stoccaggio nei silos e avvio al reparto di insaccamento e carico.
Per gestire questo complesso processo, la cementeria comprendeva:
- Capannone generale di 120 metri per il deposito dei materiali.
- Impianti di macinazione, cottura e preparazione della miscela.
- Forno rotante e impianto di combustione.
- Laboratorio chimico e officina meccanica.
- Strutture per carico su ferrovia e automezzi.
Un’eredità industriale da riconvertire
Oggi, chi percorre la Strada Statale 131 nel territorio di Muros non può ignorare le tre imponenti ciminiere che interrompono il profilo naturale del massiccio di Canechervu. Questi giganti di cemento sono un monito della trasformazione industriale della Sardegna e sollevano interrogativi sulla riqualificazione dell’enorme patrimonio produttivo dismesso.
Le possibilità di riconversione spaziano da nuove destinazioni produttive a soluzioni di tipo turistico-ricettivo, affinché questo luogo storico possa trovare una nuova funzione nel contesto moderno.